La Repubblica
I fenomeni di
radicalizzazione oltre l'Adriatico preoccupano l'intelligence italiana:
sul territorio pugliese ci sono comunità originarie dei villaggi su cui
sventolano le bandiere del Califfato
L'allarme arriva dall'Albania. Dove i nostri servizi di intelligence, così come quelli della maggior parte dei Paesi occidentali, hanno lanciato l'allerta radicalizzazione: in alcuni villaggi, e in particolare quelli ai confini del Kosovo, da tempo sventola la bandiera nera dell'Isis. E sono sempre più i casi di radicalizzazione. "Sta diventando una polveriera" ragiona una qualificata fonte investigativa italiana. "E in questo senso l'Italia diventa un paese esposto. E la Puglia in particolare". Questo per via della vicinanza geografica, della presenza di comunità fortemente radicate e per quegli stretti collegamenti tra criminalità organizzata e traffico internazionale di stupefacenti.
Il caso Albania. Sin dalla nascita dello Stato islamico un numero importante di foreign fighter è partito dai Balcani occidentali, e dall'Albania soprattutto. Se ne stimano mille almeno. Negli ultimi 12 mesi, però, il flusso si è notevolmente ridotto. Non è un caso: la perdita di terreno in Siria ha spinto l'Isis a bloccare i viaggi di chi si vuole arruolare per spostare, appunto, il conflitto in Occidente. Non a caso le intelligence europee segnalano una radicalizzazione sempre più profonda proprio in questi mesi. Un allarme che in un certo modo le autorità albanesi stanno cercando di fronteggiare.
Nove persone sono state condannate per reclutamento, si sta cercando di fare un lavoro sulle moschee seppur 89 sembrano essere completamente fuori controllo. I servizi albanesi hanno segnalato come "fortemente pericolosi" una decina di imam, due dei quali sono però in carcere. Il più pericoloso di loro, Almir Daci, dovrebbe essere morto ad aprile scorso in Siria: è lui che da Leshnica, la città nel sud-est dell'Albania dove reggeva la moschea che ha radicalizzato centinaia di uomini. I ragazzi di Leshnica, Zagorcan e Rremeni sono quelli che ora fanno tremare l'Europa.
La rete pugliese. Non sono città qualsiasi. In Italia vivono da tempo comunità originarie di quelle zone. In particolare in Puglia, con concentrazioni in Salento e in un comune della provincia barese. Un ragazzo di quelle zone, Ervis Alinj, si era trasferito in Puglia piccolo per poi ritornare a casa con i genitori in Albania. Qui si è radicalizzato e poco meno di due anni fa è morto mentre combatteva in Siria. Vengono dal sud-est albanese esponenti di spicco anche della malavita organizzata pugliese, che vivono da anni nel barese e sono attivi in particolare nel traffico di stupefacenti e in quello di armi.
Un fattore questo che rende ancora potenzialmente più pericolosa la situazione, in quanto legherebbe la criminalità organizzata con le organizzazioni terroristiche. Non a caso, sulla cellula albanese da tempo lavora la Dda di Bari. Un fascicolo è stato aperto dopo la strage di Nizza ma fin qui, più che una reale pista investigativa, si è trattato di una suggestione. Chokri Chaffroud, il complice di Mohamed Bouhlel, lo stragista di Nizza aveva vissuto per anni a Gravina, dove vive una delle comunità albanesi più importanti e, indagini alla mano, con più affari criminali. Ed erano proprio albanesi due presunti complici di Bouhlel, arrestati dopo la strage sulla Promenade con l'accusa di avergli offerto un supporto logistico per compiere l'attentato.
La prevenzione. Chiaro il rischio, in questi mesi si stanno prendendo tutte le contromisure affinché il pericolo resti potenziale. La Dna, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo ha sottoscritto in estate un protocollo con i colleghi serbi che serve proprio a mettere in rete le informazioni. In questo senso il porto di Bari, considerato hub per il passaggio, è in grado di offrire un supporto fondamentale: ha un sistema informatico di registrazione dei passeggeri che consente di verificare alle forze di polizia in tempo reale chi, quando e soprattutto accompagnato da chi ha viaggiato.
Proprio grazie a questo software - unico in Italia - è stato possibile individuare Ahmed Dhamani, uno dei fiancheggiatori di Salah Abdeslam, il terrorista che assaltò Parigi il 13 novembre 2015. Nessuno conosceva il suo nome ma la Digos di Bari scoprì che i due avevano viaggiato insieme da Bari a Patrasso il primo e il 5 agosto, in quel viaggio in Grecia nel quale fu probabilmente organizzata la strage.
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