Friday, June 14, 2019

Αλβανία: Υποδέχθηκαν με πέτρες τον Έντι Ράμα…

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Ιούνιος 14, 2019. Echedoros

Ο πρωθυπουργός της Αλβανίας, Έντι Ράμα, γλύτωσε από σοβαρό ατύχημα, όταν σε μια αυτοκινητοπομπή, στην οποία ήταν και το δικό του όχημα,   συγκεντρωμένοι πολίτες άρχισαν να πετούν πέτρες.



Το περιστατικό συνέβη στην πόλη Λιμπράζντ, κοντά στα σύνορα των Σκοπίων και ο οδηγός του Ράμα έκοψε απότομα το τιμόνι και μπήκε σε παράπλευρες οδούς.

 Η αστυνομία προσπάθησε να απομονώσει τους εξαγριωμένους πολίτες.

Albania, verso il colpo di stato: elezioni farsa e rischio mafia

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Shqipëria drejt grushtit të shtetit, zgjedhje farsë dhe rreziku i mafias
Il capo del governo, Rama, contro il presidente della Repubblica, Meta: voto rimandato per inagibilità. L’opposizione tagliata fuori. La comunità internazionale è silente, l’area rischia di essere destabilizzata

L’Albania è un paese vicino, amico e legato all’Italia da vincoli storici, economici e curati millenari. Non possiamo assistere indifferenti al dramma che sta lacerando questa nazione e la sta conducendo sull’orlo della guerra civile. Il presente governo Rama è stato eletto nel 2017 con una esilissima maggioranza elettorale ed ha subito creato nel paese un clima di intimidazione, muovendosi al limite della legalità costituzionale ed anche oltre tale limite. Numerose inchieste hanno provato la complicità di funzionari di alto livello ed anche di membri del governo con i cartelli del traffico della droga e delle armi.

L’Albania minaccia adesso di diventare il centro della mafia internazionale nel Mediterraneo. La gravità della situazione è stata segnalata più volte non solo dalla opposizione interna ma anche dalla stampa internazionale, senza nessun esito. Il giornale tedesco Bild ha pubblicato sei nastri registrati dalla magistratura albanese dai quali risulta la complicità della mafia nella falsificazione delle elezioni del 2017 con le quali Edi Rama è andato al potere. La opposizione, che ha visto la inutilità della azione parlamentare, alla fine ha deciso di ritirarsi dal Parlamento ed a dato vita ad una serie impressionante di dimostrazioni di massa ( 8 fino ad ora) che non sono riuscite a scuotere la determinazione del governo a imporre al paese un regime autoritario. Soprattutto non sono riuscite ad ottenere una indagine imparziale sui legami fra mafia e politica in Albania.

Il 30 giugno dovrebbero svolgersi le elezioni locali. La opposizione, guidata dal Partito Democratico, ha deciso di boicottarle non presentando propri candidati. Essa dice che non è possibile in questo clima di intimidazione svolgere una campagna elettorale e che esistono prove evidenti del fatto che le forze di governo stanno preparando una gigantesca frode elettorale. Vi sono evidenti anomalie nel processo di registrazione degli elettori e molti dei candidati governativi del partito socialisti sono affiliati della gang Abdylaj, in particolare il candidato a sindaco di Durazzo che è la seconda città del paese. Il governo non ha accettato il dialogo con l’opposizione e si è rifiutato di dare garanzie sul corretto svolgimento delle elezioni.

In questa situazione il Presidente della Repubblica Ilir Meta ha deciso di rinviare le elezioni. Secondo la Costituzione della Repubblica Albanese il Presidente della Repubblica è il custode della unità nazionale e la fissazione della data delle elezioni è una prerogativa presidenziale. Nel decreto di sospensione delle elezioni Ilir Meta dice chiaramente che non esistono le condizioni per la consultazione elettorale. In metà dei comuni c’è un solo candidato. Nell’altra metà i candidati appartengono comunque ad un solo partito o ad una sola coalizione elettorale.

E’ evidente che sindaci eletti in queste condizioni non potrebbero rappresentare le loro comunità e la loro legittimità non verrebbe riconosciuta da una gran parte ( probabilmente dalla maggioranza) dei loro amministrati. Il Presidente si riserva di prendere tutte le opportune iniziative per ottenere la ripresa del dialogo politico e ripristinare le condizioni di un pacifico confronto elettorale. Edi Rama, il Capo del Governo, ha insultato il Capo dello Stato, ha detto che le elezioni si faranno comunque, ed ha iniziato un processo in parlamento per arrivare alla messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica. In realtà il Capo dello Stato ha fatto uso dei poteri che gli sono conferiti dalla Costituzione e comunque il Parlamento non ha nessun potere di mettere in stato d’accusa il Capo dello Stato. Rama si sta muovendo chiaramente al di fuori della legalità costituzionale. È un Colpo di Stato.

L’Italia deve condannare con chiarezza i comportamenti del governo albanese.

Deve farlo per amicizia verso il popolo albanese che, dopo la caduta del comunismo, ha faticosamente costruito una economia funzionante ed uno stato di diritto. Adesso tutti questi progressi rischiano di essere vanificati e rischiamo di ritrovarci con una Albania economicamente dissestata ed in mano alla mafia. Deve farlo perché stiamo perdendo tutti i vantaggi acquisiti sul tema dello sviluppo economico, del progresso civile e della crescita culturale attraverso la feconda collaborazione di questi anni. Rischiamo di tornare al tempo in cui il Canale di Otranto era la via del contrabbando di armi, del commercio della droga e del traffico di esseri umani.

Dobbiamo farlo perché è interesse dell’Albania ed è interesse dell’Italia che l’Albania entri nella Unione Europea ma questa Albania nella Unione Europea non potrà entrare e sarà, come in realtà già è, un fattore di conflitto e di destabilizzazione di tutti i Balcani. L’Italia può molto se parla con voce forte e chiara. Chiediamo al nostro governo di farlo con convinzione ed energia.

Wednesday, June 12, 2019

Ο Ράμα ζητά βοήθεια ξένων διπλωματών για την ένταση

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Επί μιάμιση ώρα ο πρωθυπουργός Έντι Ράμα εξηγούσε σήμερα στους πρέσβεις των κρατών μελών της ΕΕ και των ΗΠΑ στο γραφείο του στα Τίρανα τους λόγους για τους οποίους επιμένει στην προγραμματισμένη για τις 30 Ιουνίου διεξαγωγή των δημοτικών εκλογών

in.gr
10 Ιουνίου 2019



Επί μιάμιση ώρα ο πρωθυπουργός Έντι Ράμα εξηγούσε σήμερα στους πρέσβεις των κρατών μελών της ΕΕ και των ΗΠΑ στο γραφείο του στα Τίρανα τους λόγους για τους οποίους επιμένει στην προγραμματισμένη για τις 30 Ιουνίου διεξαγωγή των δημοτικών εκλογών παρά το ότι ο πρόεδρος της Δημοκρατίας με διάταγμα τις ακύρωσε και η αντιπολίτευση έχει δηλώσει ότι όχι μόνο θα απόσχει, αλλά θα τις εμποδίσει κιόλας.

Εν ολίγοις ο κ. Ράμα εμφανίστηκε να πιστεύει ότι η όποια ένταση ενδέχεται να προκληθεί από την αντιπολίτευση θα είναι διαχειρίσιμη και σε κάθε περίπτωση δεν μπορεί να επιτρέψει μια τέτοια εξέλιξη, ματαίωση δηλαδή των εκλογών, καθώς, θα δημιουργείτο επικίνδυνο για την πολιτική σταθερότητα της χώρας προηγούμενο.

Κάλεσε, δε, τους διπλωμάτες να μην υιοθετήσουν τα αιτήματα της αντιπολίτευσης και ζήτησε την βοήθειά τους για την εκτόνωση της έντασης.

“Φύγαμε με πολλά ερωτηματικά”, είπε σε επικοινωνία του με το ΑΠΕ – ΜΠΕ μέλος της διπλωματικής αντιπροσωπείας αμέσως μετά την συνάντηση.“Ο πρωθυπουργός εμφανίστηκε να προσεγγίζει το όλο θέμα της κρίσης μάλλον νομικίστικα και όχι στην πολιτική του διάσταση, όπως στην πραγματικότητα εξελίσσεται”, πρόσθεσε.

Σε μια άλλη εξέλιξη, και ενώ όλες οι πλευρές, κυβέρνηση, πρόεδρος της Δημοκρατίας, αντιπολίτευση, παραμένουν αμετακίνητες στις θέσεις τους, η Κεντρική Εφορευτική Επιτροπή των εκλογών, έκρινε σήμερα παράνομη την απόφαση του προέδρου Ιλίρ Μέτα για ακύρωση των εκλογών.

Η απόφαση ελήφθη από τα προσκείμενα στο Σοσιαλιστικό Κόμμα του Έντι Ράμα τέσσερα μέλη της επιτροπής καθώς τα άλλα τρία που πρόσκεινται στην αντιπολίτευση, μαζί και ο πρόεδρος αποχώρησαν, καταγγέλλοντας ότι το συγκεκριμένο όργανο δεν νομιμοποιείται να κρίνει αποφάσεις της ανωτέρας αρχής.

Ο πρωθυπουργός Ράμα, ταυτόχρονα, δρομολόγησε την διαδικασία αποπομπής από το κοινοβούλιο του προέδρου Μέτα οξύνοντας περαιτέρω την μεταξύ τους σύγκρουση και όρισε την σχετική συνεδρίαση για την Πέμπτη.

Αναφερόμενος στην σύνοδο της Πέμπτης, ο πρόεδρος της βουλής Γκραμός Ρούτσι δήλωσε:

«Η πλειοψηφία έχει τις ψήφους για να ρίξει τον Μέτα και η σιωπή από τους διεθνείς εταίρους μας, ΗΠΑ και ΕΕ είναι ένας τρόπος αποδοχής αυτής της ακραίας ψηφοφορίας στη Συνέλευση για την απομάκρυνση του σημερινού αρχηγού του κράτους. Με μια διαδικασία αστραπή θα διορισθεί ο νέος πρόεδρος ο οποίος θα εγκρίνει την ίδρυση του Συνταγματικού Δικαστηρίου , αλλά και θα υποστηρίξει σθεναρά τη δημιουργία νέων θεσμών στη δικαιοσύνη».

Για αύριο το πρωί έχει προγραμματιστεί συνεδρίαση της Κεντρικής Επιτροπής του αντιπολιτευόμενου Δημοκρατικού κόμματος προκειμένου να αποφασίσει για τις εξελίξεις.

Recommit to peace, US tells Kosovo, Serbia

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afp.com



Kosovo and Serbia must put aside extremist rhetoric and recommit to peace, the White House said Monday, 20 years after the end of a NATO bombing campaign against a Serbian crackdown.

The three-month NATO operation began in March 1999 and continued until Serbian leader Slobodan Milosevic withdrew his troops from Kosovo, where they had intervened against separatists.

The 1998-1999 independence war in Kosovo claimed more than 13,000 lives, mostly ethnic Albanians, and led to a refugee crisis in which hundreds of thousands of people left their homes.

The former Serbian province, comprised mainly of ethnic Albanians, was put under United Nations administration after Serbian troops pulled out.

Kosovo unilaterally declared independence in 2008 but Serbia refuses to recognize it.



World's Safest Countries: When traveling internationally, especially for the first time, many tourists research their destination country’s safety. What makes a country safe? It could be whether you can walk your dog at night without looking over your shoulder or even how the country fares on women’s rights. Gallup conducted a Global Law and Order poll to answer this complex question, interviewing more than 148,000 adults in 142 countries or areas in 2017 with a baseline of four questions to determine citizens’ own feelings of safety in their daily lives. Questions included whether people felt confidence in their local police, whether they felt safe walking at night, if they’ve had anything stolen in the past 12 months, and whether they’ve been mugged or assaulted in the past year.Stacker analyzed the full results to rank the safest countries in the world. Consider these locales next time the travel bug strikes.RELATED: Most popular countries for tourists
"NATO's intervention brought an end to the Milosevic regime's campaign of ethnic cleansing, which left thousands dead and over one million civilians displaced," a White House statement said.


"To pay respects to those victims, Kosovo and Serbia must recommit to a peaceful and prosperous future for all of their citizens. This requires putting aside extremist rhetoric and historical revisionism."

Long-running negotiations to normalize ties have halted in recent months after a series of diplomatic clashes.

The White House called for dialogue between the neighbors "aimed at normalizing relations" and urged Pristina and Belgrade to "redouble efforts to work toward a comprehensive agreement centered on mutual recognition and immediately remove barriers to progress."



During the air campaign by the North Atlantic Treaty Organization, a political and military alliance based in Brussels, warplanes struck dozens of military targets, as well as infrastructure such as bridges, railways and the electrical grid.

The number of civilian victims has not been officially established, and ranges from 500 according to Human Rights Watch to 2,500, according to Serbian officials.

"We've waited for 24 hours; we'll know what to do"

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(Tanjug)
Aleksandar Vucic is "absolutely shocked" the EU has not reacted to Hashim Thaci saying that Pristina would not form the Community of Serb Municipalities (ZSO).

SOURCE: TANJUG FRIDAY, MAY 31, 2019 | 13:23

This is Pristina's obligation under the 2013 Brussels Agreement, reached under EU's auspices and mediation.

Speaking on Friday, the president also said that "we will see EU's reaction, today or tomorrow" and added that "we know what to do" if that reaction doesn't happen.

Vucic pointed out that this enough speaks to the gravity of the situation. The Albanians, he noted, have only one church in which they are praying, and that is the United States, "and don't care at all about anything they say or do against Russia and the Serbs."

It is important for them to be praise the US mission to the OSCE for their "anti-corruption action," he added, pointing out that it was "as anti-corruption as Haradinaj and Thaci are against corruption."

"To me it is much more important and more indicative that the Germans, the English and the French, and Brussels are silent. That document (Brussels agreement) was signed in Brussels by Dacic and Thaci, but in the presence of Kathy Ashton (Katherine Ashton, then EU foreign policy chif," said Vucic.

"If the EU is not in a position to guarantee an agreement in whose making it took part, let it be said, so we know that these agreements have no further legal force."

Then "other things, too, will be taking place in a different way," he continued.

It will add to uncertainty and will cause a lot of problems to all parties, but it is important that the EU informs us on this issue instead of informing us about the various types of nonsense that some political tycoons write to them about," said Vucic, and concluded:

"It would be good to inform us about what we have a spent a lot of time and we spent energy on, so that we can pacify things. SO I hope that we will see today or tomorrow EU's reaction on this issue, and if it doesn't come, that's good too - then we, too, know what we are supposed to do."
mo šta je i nama činiti".

Έντι Ράμα: Σκέφτομαι κάτι μεγαλύτερο από μια ‘Μεγάλη Αλβανία’

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Ιούνιος 12, 2019. Echedoros

Ο πρωθυπουργός της Αλβανίας, Έντι Ράμα, δήλωσε χθες το βράδυ ότι  ονειρεύεται κάτι μεγαλύτερο από μια «Μεγάλη Αλβανία» και αυτή είναι η μεγάλη  Ευρωπαϊκή Ένωση μαζί με τους Σέρβους, τους Σλαβομακεδόνες και τους Αλβανούς.


Μετά από συνάντηση με τον πρόεδρο της Ευρωπαϊκής Επιτροπής, Ζαν Κλωντ Γιουγκέρ, σε ερώτηση από το σερβικό πρακτορείο  ‘Τανγιούγκ’, ένα υπάρχει κάποια συγκεκριμένη στρατηγική για το ζήτημα «της ένωσης  της Αλβανίας με το Κοσσυφοπέδιο» ή εάν το έχει θέσει ως μέσο πίεσης στο διάλογο Βελιγραδίου-Πρίστινα, ο Ράμα απάντησε ότι μιλάει για «κάτι μεγαλύτερο» και πρόσθεσε ότι «δεν είναι μια μεγάλη Αλβανία, αλλά μέσα στη μεγάλη Ευρώπη με τους Σέρβους, τους Σλαβομακεδόνες και τους Αλβανούς, όλοι μαζί σε αυτήν».




Ο Ράμα,  είπε οι  χώρες των Δυτικών Βαλκανίων βρίσκονται εντός των ευρωπαϊκών συνόρων και τις παρομοίασε ως  «όργανα  του σώματος που δεν  βρίσκονται στη θέση τους».


«Η ΕΕ θα πρέπει να αποφασίσει τι θα κάνει με αυτά τα όργανα, δεν θα τα αφήσει να αιμορραγούν έξω, θα πρέπει να λάβουν θέση στο σώμα που ανήκουν», είπε παραστατικά  ο Ράμα, όπως σημειώνει η σερβική ‘Blic’.

Tuesday, June 11, 2019

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Edi Rama
Edi Rama, Albania's unconventional PM who wants to escape the 'curse of history'
The artist and ex-basketball player faces an uphill battle to put Albania on the path to EU membership

Shaun Walker
Shaun Walker in Tirana

Mon 10 Jun 2019  The Guardian

 Edi Rama has carved out a reputation as an unorthodox charmer among European leaders. Photograph: Michael Gottschalk/Photothek via Getty Images
Albania’s prime minister, Edi Rama, wants to be the man who puts his country on the path to European Union membership, but he is facing two major problems.

In Europe, enlargement-fatigued leaders are playing hardball, wary of accepting new potential members at a time of rising populist and Euro-pessimist sentiment, while at home Rama is facing weekly demonstrations against his rule, from an opposition that is also pro-EU but accuses his government of corruption and links to organised crime, and is demanding early elections.

In an interview at his office in central Tirana last week, Rama said that for Albania, joining the EU was about “finally having the possibility to place ourselves in a safe zone from the curse of history”.

Albania was the last country in Europe to throw off communist rule, in 1992, after decades in which the country was subjected to terror and isolation under the dictatorship of Enver Hoxha, a paranoid Balkan Stalinist.

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“We were the North Korea of Europe,” said Rama. “We were isolated from the west, and isolated from the east. We had the cruellest communist regime. That’s why we are now so pro-American, pro-Nato, pro-EU … We have the most pro-European Muslims in the world.” In a survey last year, 95% of the population said they believed EU membership would benefit the country.

After the fall of communism, a wild capitalism took hold, and hundreds of thousands of Albanians left for Italy and other European countries. Among them were the seeds of criminal gangs, who spread across Europe and infiltrated politics at home. Rama’s task has been to persuade the European commission that reforms are progressing, albeit slowly, even as critics at home accuse him of presiding over a rotten system.

A report by the European commission last month found that both Albania and North Macedonia had reformed enough to begin the accession process, but the final decision lies with Europe’s political leaders, and it now seems unlikely that a summit later this month will result in a green light.

Rama still hopes to change minds. Among European leaders, he has carved out a reputation as an unorthodox charmer since he came to power in 2013. An artist and former professional basketball player, he received the Guardian dressed, as is his habit, in a T-shirt and trainers.



A basketball hoop adorns the waiting room outside his working area, while inside the office itself, the walls are covered with brightly coloured sketches that Rama does while working at his desk. One of them is an image of Alastair Campbell mocked up as Albania’s national hero Skanderbeg, atop a horse with a sword in one hand and an iPhone in the other. Rama names Tony Blair as his main political inspiration, and engaged Campbell as a political consultant. The two remain “good friends”, he said.

As European leaders worry about the domestic political optics of opening new negotiations at a time when there is little appetite for enlargement, Rama’s task has at times looked unenviable.

“I can tell you that Angela Merkel gets it fully. She was raised in a communist country,” he said. Other leaders are harder to convince. At an EU summit in Sofia last year, Rama and France’s Emmanuel Macron got into a tense argument over the accession timetable.

In the interview, Rama made both a positive case for opening accession talks and warned that Russia, China or Islamist radicals could fill the void if the EU did not commit to Albania, talking points that have been rehearsed many times on European leaders.

Erion Veliaj, the mayor of Tirana and Rama’s close associate, said he believed both Rama and Zoran Zaev of the recently renamed North Macedonia should be rewarded for carrying out difficult reforms. “I think they have both been very badly treated. They made very painful decisions, risked their mandates, sometimes their lives … Get us on the bandwagon, whether it arrives on fast track or whether it takes a few years. Let’s evaluate progress, but keep your word.”

It is not just in Brussels that Rama is navigating a tricky moment, as weekly protests against his government intensify at home. Last weekend, thousands thronged Tirana’s main avenue, in a noisy and well-organised rally featuring banners, balloons and fireworks. Those gathered shouted “Rama, go!” and lobbed copious pyrotechnics in the direction of the prime minister’s office, while lines of police looked on.

 American, Albanian and EU flags at a protest in Tirana on Saturday.
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 American, Albanian and EU flags at a protest in Tirana on Saturday. Photograph: Malton Dibra/EPA
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“We have a PM who is authoritarian, arrogant and not transparent,” said Albana Vokshi, an MP of the opposition Democratic party, the driving force behind the protests. She and other Democratic party MPs walked out of parliament earlier this year, and are demanding that Rama resign.

The president, Ilir Meta, has called for local elections on 30 June to be postponed, while Rama has insisted they will go ahead without the opposition, saying he does not want to reward street protests. There is talk this week of initiating a vote in parliament to remove the president, plunging the country into a full-blown constitutional crisis, just as EU accession debates come to a head.

Hardly a month goes by without a new scandal linking those close to power with criminal figures. A former interior minister is soon due to stand trial on drug trafficking charges. Last week, the German tabloid Bild published leaked tapes in which a notorious underworld figure is heard discussing the 2017 elections with two mayors from Rama’s Socialist party.

Rama declined to say whether he would discipline the mayors, claiming they may not have known their interlocutor was a criminal figure, as he was only arrested on drug trafficking charges later.


He admitted Albania still had problems with corruption and crime, but insisted his government was taking real steps to fight them, and wanted EU help to do so. The entire judiciary has been subjected to a vetting process, while the EU border agency Frontex has launched its first mission outside the EU in Albania, to help combat cross-border crime.

While international support for Rama has waned as his time in office has gone on owing to the impression that the fight against corruption is merely cosmetic, few neutral observers believe that the Democratic party is any less tainted by vote-buying scandals and troubling links to crime. “We need to change more than the government. We need a new system, a solution for the next few decades,” said Blendi Fevziu, a veteran journalist who hosts the country’s most watched political talkshow.

For Rama, despite the feverish desire to join the EU, there is also a lingering worry about what exactly the EU might look like by the time Albania eventually does join the club.

“It looks like we are cursed, because when the EU was good, we were bad; now that we are getting better, the EU is getting into trouble,” he said. In particular, he is watching the saga of Brexit with disbelief, and expressed his amazement that the Labour party had expelled his old friend Campbell.

“It’s very Balkanic what is happening in Britain. Deal, no deal, soft border, hard border, no agreement. It’s the Balkans! It’s like the Bosnian parliament. While we are trying to Europeanise, it looks like they are Balkanising.”

• Additional reporting by Vincent Triest

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Πρόεδρος Αλβανίας: Εάν η απομάκρυνσή μου επιλύσει την κρίση, υποβάλλω παραίτηση

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Ιούνιος 11, 2019. Echedoros

Ο πρόεδρος της Αλβανίας, Ιλίρ Μέτα εμμένει στην άποψη ότι οι δημοτικές εκλογές δεν πρέπει να διεξαχθούν στις 30 Ιουνίου, αλλά σε μια άλλη ημερομηνία όταν η κατάσταση  στη χώρα θα έχει ηρεμήσει.


Το απόγευμα, ο Μέτα σε  έκτακτη σύσκεψη διευκρίνισε ότι η απόφασή του είναι νόμιμη και για την οποία δεν είχε καμία πίεση από την αντιπολίτευση.


Είπε ότι δεν καταλαβαίνει τις προσπάθειες της πλειοψηφίας στο Κοινοβούλιο που αποφάσισε την Πέμπτη να συζητήσει την καθαίρεσή του από το αξίωμα επειδή άσκησε βέτο στις εκλογές.


«Δεν καταλαβαίνω. Είναι πιο σημαντικό για εσάς να επιλύσετε την κρίση ή την απόλυσή μου; Αν είναι μόνο για την απομάκρυνση του προέδρου, αυτό είναι πολύ εύκολο. Εάν θα δοθεί έτσι λύση, παραιτούμαι. Δεν υπάρχει πρόβλημα», είπε ο Μέτα.


Προσφέροντας την παραίτησή του, ο πρόεδρος της Αλβανίας δήλωσε ότι είναι έτοιμος να γίνει το θύμα, αλλά δεν ανακοινώνει δημοτικές εκλογές για να αποφευχθεί μια εμφύλια σύγκρουση στη χώρα, η οποία απομακρύνεται ολοένα και περισσότερο από την ημερομηνία έναρξης των διαπραγματεύσεων με την ΕΕ.


«Οι δυνατότητες είναι μηδενικές», είπε ο Μέτα, «χωρίς να επιλυθεί αυτή η κρίση, όχι μόνο δεν θα υπάρξει έναρξη διαπραγματεύσεων τον Ιούνιο, ούτε τον Σεπτέμβριο, ούτε για πολλά χρόνια και οι πιθανότητες για την ευρωπαϊκή ολοκλήρωση της Αλβανίας δεν θα βρίσκεται στον ορίζοντα», πρόσθεσε.


Τόνισε ακόμη ότι κανείς στη χώρα ή στην Ευρώπη και την Αμερική δεν πιστεύει ότι οι εκλογές της 30ης Ιουνίου θα είναι ελεύθερες και δημοκρατικές.


Για την καθαίρεση του Ιλίρ Μέτα από το προεδρικό αξίωμα οι Σοσιαλιστές χρειάζονται 94 ψήφους στο Κοινοβούλιο, το οποίο αποτελείται από 140 βουλευτές, οι οποίοι επί του παρόντος δεν υπάρχουν.


Με τις βίαιες διαμαρτυρίες που γίνονται στα Τίρανα, τις αμοιβαίες κατηγορίες στην πολιτική σκηνή, καθώς και ένα κοινοβούλιο χωρίς αντιπολίτευση, η Αλβανία φαίνεται να αυτοκτονεί σε μια εποχή που η ΕΕ θα πρέπει να αποφασίσει εάν θα αρχίσει τις διαπραγματεύσεις με αυτήν.

Monday, June 10, 2019

Albania. Candidata all’Europa o provincia ottomana?

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4 Giugno 2019
di Nicola Pedrazzi. Giornalista collaboratore di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa (OBCT).



Sono le 20.55 di venerdì 19 aprile quando dall’aeroporto Madre Teresa di Tirana decolla in direzione Istanbul il primo volo targato Air Albania. Titoli e politici locali salutano con soddisfazione i colori rosso-neri, ma non si tratta della “prima compagnia di bandiera albanese”: perché altre aquile a due teste hanno già solcato i cieli europei – ultima in ordine di tempo è la Belle Air, chiusa con l’avvento del primo governo Rama per debiti non pagati allo Stato – e perché a decollare è una compagnia a maggioranza di capitale turco. Ben il 49% di Air Albania è infatti di proprietà di Turkish Airlines, di cui non per caso il nuovo brand eredita rotte e prezzi. Che significato dare a questa notizia? E in quale contesto collocarla?

D’influenza turca nei Balcani si parla e si scrive da sempre. Tralasciando la prospettiva storica, in tempi recentissimi la parabola autoritaria del Presidente Recep Tayyip Erdoğan e il radicale riorientamento della politica estera di Ankara – che oggi rivendica un ruolo di potenza regionale – rinforzano l’impressione di un “neo-ottomanesimo” che nei Balcani sarebbe pronto a riempire i vuoti lasciati dall’integrazione europea – nel 2014, in occasione del centenario dell’inizio della Prima guerra mondiale, il festival della rivista Limes dedicò un panel a questo tema, sostenendo in buona sostanza che l’eredità dei grandi imperi non muore mai, e descrivendo la “turcosfera” come un’opzione in un contesto di crisi dello Stato-nazione.

Ora, senza cadere negli allarmismi cui siamo soliti abbandonarci in era di populismi politici e distopie narrative, l’odierna Albania – candidata all’Ue, euroentusiasta e secolarizzata – rappresenta proprio per la sua “insospettabilità” un caso studio utile alla misurazione del “soft-power neo-ottomano”, che come altre penetrazioni riscontrabili nelle zone di cerniera del mondo combina con sapienza storia, cultura, infrastruttura e religione.

Sempre nel campo dell’aviazione, nel febbraio 2018 ha fatto discutere un’iniziativa legislativa ad hoc del Parlamento albanese finalizzata a consentire a un consorzio turco composto dalle società Cengiz, Kalyon e Kolin di negoziare in esclusiva con lo Stato albanese l’appalto per i lavori di costruzione di un nuovo aeroporto internazionale nei pressi della città di Valona. La decisione aveva fatto scalpore per diversi motivi: perché al momento in Albania esiste un unico aeroporto (a Rinas, alle porte di Tirana) e nonostante il turismo in crescita le dimensioni del paese non rendono necessario un secondo scalo; ma soprattutto perché le tre società indicate dal provvedimento stavano ancora lavorando al nuovo, mastodontico, aeroporto di Istanbul (Erdoğan lo avrebbe inaugurato in pompa magna in ottobre, in occasione del 95° anniversario della fondazione della Repubblica turca).
La controversa decisione del Parlamento albanese – dove dal 2017 il Partito socialista di Edi Rama ha la maggioranza assoluta – aveva quindi scatenato le proteste del Partito democratico (il centro-destra albanese); mentre sul piano identitario politici e media ostili al governo Rama descrivevano il provvedimento come un’«inaccettabile concessione alla prepotenza turca», alcuni deputati democratici scrissero direttamente al commissario per l’allargamento Johannes Hahn, per segnalare «possibili violazioni della legislazione europea» in materia di appalti pubblici, concorrenza, aiuti di Stato e accordi sullo spazio aereo: norme che l’Albania deve rispettare in quanto firmataria degli Accordi di stabilizzazione e associazione che preludono al suo ingresso nell’Unione europea. Redatta in imperturbabile stile burocratico, la lettera di risposta si limitò a ricordare agli esponenti dell’opposizione albanese che la Commissione monitora sì l’avvicinamento della legislazione nazionale all’acquis comunitario, ma non può intervenire al posto del Parlamento albanese su singoli provvedimenti. Nonostante questa risposta algida, è probabile che l’azione persuasiva della delegazione Ue sul governo albanese abbia avuto un peso, perché dopo sette mesi di dibattito emotivo sulla “turchizzazione” dei cieli albanesi, lo scorso aprile il ministero delle infrastrutture ha annunciato l’indizione di una gara internazionale per la costruzione del nuovo aeroporto, liquidando il consorzio turco. Secondo altri analisti, questo sarebbe stato lieto di sfilarsi per ragioni economiche e per l’incertezza dell’investimento. Insomma, alla fine non vi è stata alcuna assegnazione diretta. Tanto rumore per nulla?

In cielo così in terra, negli ultimi anni la Turchia ha saputo diversificare il portafoglio albanese. La politica turca è particolarmente attiva in Bosnia Erzegovina, Macedonia e Kosovo, ma anche l’Albania ha goduto di un importante sostegno economico, soprattutto dopo l’accordo di libero scambio siglato nel 2008. Stando a quanto dichiarato dal ministro degli esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu durante la visita a Tirana dello scorso ottobre, nel 2018 gli investimenti delle imprese turche avrebbero raggiunto i 2,5 miliardi di dollari, mentre il valore degli scambi commerciali sarebbero stati pari a circa 400 milioni. Ora, non si tratta di cifre astronomiche – nello stesso anno l’interscambio commerciale fra l’Albania e l’Italia si è attestato sul miliardo e mezzo di euro – e per giunta potrebbe trattarsi di numeri gonfiati ad arte dalla politica; tuttavia dati più oggettivi non sono difficili da trovare, e confermano la rilevanza della “turcosfera”.
Sul piano delle telecomunicazioni è ad esempio significativo il ruolo svolto dalla turca Çalik Holding, che controlla sia la società di telefonia fissa AlbTelecom sia Eagle Mobile, il terzo operatore di telefonia mobile dell’Albania; mentre sul piano degli istituti di credito può essere utile ripassare che è controllata da un gruppo turco anche la Banca nazionale del risparmio (Bkt), la prima del paese. Stando ai dati forniti dal portale di informazione economica Monitor.al, la Bkt controllerebbe il 27,4% degli attivi; al secondo posto si collocherebbe l’austriaca Raiffeisen Bank (15,9%), seguita dalla Credins Bank a capitale albanese (13,6%). Per la cronaca, l’italiana Intesa Sanpaolo che continuiamo a sbandierare come asse portante della special relationship italo-albanese è solamente al quarto posto, trainata dalle attività economiche, ad aumentare è anche la presenza di professionisti residenti (sempre secondo il sito www.monitor.al soggiornano in Albania con regolare permesso di lavoro 657 cittadini turchi, una comunità seconda solo a quella dei lavoratori italiani – dati 2016).

Se il denaro è potere lo è anche la cultura, che in Albania come altrove passa volentieri dalla religione. Con 4 minareti di 50 metri e un’architettura classicheggiante che rimanda alla Moschea blu di Istanbul, la Grande moschea di Tirana attualmente in costruzione in pieno centro, di fianco al parlamento albanese e grazie a fondi della Direzione affari religiosi (Diyanet) di Ankara è divenuta il simbolo – lodato o vituperato – del neo-ottomanesimo in Albania. Anche in questo caso, chi conosce la storia albanese è portato a gettare acqua sul fuoco: dopo la caduta del comunismo e la fine dell’ateismo di Stato, cattolici e ortodossi hanno avuto in tempi rapidi le loro maestose cattedrali; non si capisce quindi perché i musulmani, stragrande maggioranza nella capitale, avrebbero dovuto accontentarsi della settecentesca moschea di Ethem Bey (quella sì, originale ottomana, ma con una capienza di non più di sessanta persone). I conti andavano pareggiati, e la Storia ha indicato nella Turchia il finanziatore “naturale”.
Rimanendo in ambito religioso, va poi ricordato che nel marzo scorso è stato eletto il nuovo Presidente del Consiglio generale della comunità islamica albanese. Alla fine l’ha spuntata il moderato Bujar Spahiu, esponente della corrente filo-europea, ma in lizza c’era anche il candidato filo-Erdoğan Ylli Gurra, che stando alle accuse dell’opposizione albanese avrebbe goduto dell’appoggio del governo socialista e del sindaco di Tirana Erion Veliaj. Vera o strumentale che sia, l’accusa di filo-turchismo rimane un motivo ricorrente della diatriba tra governo e opposizione albanese, in questi mesi particolarmente esasperata.
Meno evidente ma di enorme importanza è il ruolo giocato dagli istituti e dalle scuole turche, che con la qualità dei loro corsi si stanno aggiudicando la formazione della nascente borghesia tiranese – non per forza musulmana – e della probabile, futura, classe dirigente. Pare però che questo risultato oggi non sia visto di buon occhio ad Ankara, perché ascrivibile alla presenza e alla rilevanza del movimento gülenista, che in Albania cominciò a operare sin dagli anni Novanta.
Durante la summenzionata visita a Tirana, il ministro Çavuşoğlu ha affrontato di petto l’argomento, tornando a chiedere al governo albanese la chiusura delle scuole legate a Fethullah Gülen e l’estradizione dei loro insegnanti, considerati alla stregua di «terroristi». Una richiesta che ha trovato la ferma opposizione del ministro degli Esteri albanese Ditmir Bushati e di tutto il governo, e che rende evidente la complessità e l’ambiguità delle attuali relazioni turco-albanesi.

In sintesi, da un lato vi sono le certezze macro, sistemiche: il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo da parte di Ankara, la condanna di Tirana del fallito golpe nel 2016, e poi, andando indietro, l’appartenenza alla Nato e il comune status di paesi candidati all’adesione all’UE – punti, questi, che l’era Erdoğan rende meno importanti, ma che comunque collocano il valzer turco-albanese all’interno di cornici Occidentali. Dall’altro, nel micro, serpeggiano i timori di molti albanesi comuni, che scorgono con i loro occhi i segni di una «deriva orientalista» e che non capiscono perché paesi un tempo leader come l’Italia abbiano permesso la diffusione di simbologie ed estetiche così lontane dall’Albania europea sognata dai migranti che negli anni Novanta si riversarono sulle coste pugliesi.
Se si pensa all’irripetibile egemonia culturale giocata dalle televisioni italiane durante la chiusura comunista, alle immagini proibite di Ok il prezzo è giusto che esportarono in Albania la versione italiota del capitalismo americano, fa un certo effetto constatare la diffusione esponenziale delle “sitcom conservatrici” turche, specialmente di produzioni come Dirilis: Ertugrul, cinque stagioni di avventure a sfondo “storico”, ambientate in un medioevo ottomano anti-cristiano. In barba al mito nazionale di Skanderbeg, questo polpettone viene esportato anche in Albania.
Oscillazioni pop, dunque, e oscillazioni politiche: incarnate come spesso accade dalla poliedrica figura del primo ministro albanese Edi Rama. Un retorico dell’europeismo che ha strappato con le unghie lo status di paese candidato all’Ue e che continua a ripetere di immaginare l’Albania del futuro alla stregua di “una piccola Italia”. Ma al contempo un “politico balcanico”, che ha utilizzato l’inasprimento delle relazioni tra Ankara e Bruxelles per inserire nel suo discorso politico la leva dell’“alternativa turca”.

Sia chiaro, la prospettiva europea dell’Albania non è mai stata messa in discussione da nessun membro dei suoi governi; tuttavia negli ultimi anni, esasperato dalle richieste europee preliminari all’apertura dei negoziati, Rama ha lasciato più volte intendere che per il suo paese le opzioni internazionali sono al plurale.

Dopo l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo Rama l’artista era a Parigi: nel taschino della giacca delle matite colorate. La sera in cui i migranti della nave Diciotti sbarcavano a Catania anche a seguito della dichiarata disponibilità albanese all’accoglienza, il Rama europeo era a Torino: su FB un selfie con Cristiano Ronaldo. Nel corso della recente crisi macedone, il Rama etnico si è fatto garante dei partiti della minoranza albanese eletti nel Parlamento di Skopje, aiutandoli a definire la loro piattaforma programmatica in materia di politiche linguistiche (in coerenza con questa condotta da leader d’area dal 2014 vengono organizzate “riunioni interministeriali” tra Albania e Kosovo). Il giorno in cui la figlia di Erdoğan si sposava, il Rama ottomano era in Turchia: di fianco a lui Bakir Izetbegović, leader dei Bosgnacchi della Bosnia Erzegovina. Capisci chi è Rama e capisci l’Albania. Per dirla con Montanelli, «una e mille».

Sunday, June 9, 2019

Washington Times: Γεωπολιτική αναβάθμιση της Ελλάδας από τη νέα πολύπλευρη εξωτερική πολιτική

SManalysis



Υπό τον τίτλο «Greece Finds New Footing as a Player on the World Stage», άρθρο του γνωστού αναλυτή/συγγραφέα στρατιωτικής ιστορίας Victor Davis Hanson στους WASHINGTON TIMΕS και στο περιοδικό NATIONAL REVIEW, κάνει λόγο για αναβάθμιση του ρόλου της Ελλάδας στην γεωπολιτική σκηνή, από τη νέα ‘realpolitik’ που ακολουθεί τελευταία με την διαφοροποίηση της εξωτερικής της πολιτικής, εξισορροπώντας μεταξύ της αντιμετώπισης ιστορικών εχθρών και της οικοδόμησης σταθερών συμφερόντων με νέους συμμάχους.

πηγή: ΑΠΕ-ΜΠΕ
Σύμφωνα με το άρθρο, η Ελλάδα με τη νέα της «realpolitik» και «πολύπλευρη εξωτερική πολιτική» έχει διδαχθεί από την ευπάθεια των εξαρτημένων σχέσεων του παρελθόντος, έχει βρει πολλά διαρκή (semi-permanent) συμφέροντα και έχει αναβαθμιστεί από την παραδοσιακά παθητική (αν όχι ανασφαλή) περιφερειακή της θέση, σε έναν ρόλο επιτήδειου συνδιαμορφωτή (crafty insider) σε μια στρατηγική θέση στη διασταύρωση των ανταγωνισμών Ευρώπης, Αμερικής, Κίνας και Ρωσίας.

Η άνοδος μιας νεο-οθωμανικής Τουρκίας, μεγαλύτερης, πολυπληθέστερης και με διεκδικήσεις στο ελληνικό Αιγαίο, έστρεψε την Ελλάδα για στρατιωτική προστασία στις ΗΠΑ, οι οποίες ανησυχούν όλο και περισσότερο για την ισλαμική, αντι-αμερικανική και μεσογειακή ατζέντα του Τούρκου προέδρου Ερντογάν. Το περασμένο φθινόπωρο, ο τότε Έλληνας ΥΕΘΑ Π. Καμμένος δήλωσε ως «πολύ σημαντικό να αναπτύξουν οι ΗΠΑ στρατιωτικά μέσα στην Ελλάδα σε πιο μόνιμη βάση». Πράγματι, η Ελλάδα έλαβε πρόσφατα 70 στρατιωτικά ελικόπτερα από τις Η.Π.Α. και συζητείται η εγκατάσταση drones και άλλων αμερικανικών στρατιωτικών αεροσκαφών στην ελληνική επικράτεια.

Στην ΕΕ, η Ελλάδα έχει μια περίπλοκη σχέση με τους εταίρους της, με πικρία από την ανεπαρκή αλληλεγγύη τους απέναντι στην οικονομική και μεταναστευτική κρίση που δοκίμασε τη χώρα, και χωρίς να τους εναποθέτει πλέον εμπιστοσύνη, προσδοκά κυρίως οφέλη γύρω από οικονομικά ζητήματα αποπληρωμής χρέους και εισροής τουριστικού εισοδήματος.

Με την Κίνα αναπτύσσει ριψοκίνδυνες αλλά ισχυρές επενδυτικές/επιχειρηματικές σχέσεις, που μεταφέρουν δισεκατομμύρια ευρώ στην προβληματική ελληνική οικονομία και υπενθυμίζουν στην ΕΕ ότι η Ελλάδα έχει και άλλες επιλογές σε ό,τι αφορά τις ξένες επενδύσεις, τις υποδομές και το εμπόριο. Η COSCO έχει επενδύσει περισσότερα από 3,5 δισεκατομμύρια ευρώ στην ανακαίνιση του ιστορικού ελληνικού λιμανιού του Πειραιά, το οποίο είναι σήμερα το δεύτερο μεγαλύτερο λιμάνι της Μεσογείου, με στόχο να γίνει σύντομα και το πιο πολυσύχναστο.

Με τη Ρωσία του Πούτιν, η Ελλάδα διατηρεί δυνάμει συμμαχικές σχέσεις, χρήσιμες για τις ενεργειακές της ανάγκες και τον τριγωνισμό της εξωτερικής της πολιτικής, δεδομένων των ιστορικών θρησκευτικών δεσμών των δύο λαών και της προβλεπόμενης ολοκλήρωσης ενός αγωγού φυσικού αερίου που θα προμηθεύει με ρωσικό αέριο τις ανάγκες της Ελλάδας.

Ξεπερνώντας την αντι-ισραηλινή της στάση του παρελθόντος, η Ελλάδα αναπτύσσει πλέον γρήγορα φιλικές και χρήσιμες σχέσεις με το Ισραήλ, με διαθέσεις απεξάρτησης από τις μεγάλες δυνάμεις και εγκατάλειψης της κατευναστικής αντιμετώπισης της τουρκικής επιθετικότητας. Το Ισραήλ τώρα σχεδιάζει να κατασκευάσει έναν μεγάλο υποβρύχιο αγωγό φυσικού αερίου για να διασυνδέσει τους πόρους του με την Ελλάδα και την Κύπρο.

Η Ελλάδα, βέβαια, βαδίζει σε τεντωμένο σκοινί. Με την εξισορρόπηση μεταξύ των αντιπάλων της και την εξεύρεση νέων φίλων, η Ελλάδα μεγεθύνει τη δική της σημασία. Καθίσταται όμως επίσης ένα ακόμα μεγαλύτερο εστιακό σημείο στους ανταγωνισμούς μεγάλων δυνάμεων και εμπορικού συμφερόντων, καταλήγει το άρθρο.